Knock-Knock…

Pubblicato: Maggio 2, 2013 in Scervellate varie

Well… I’m kinda wondering of getting this blog up and running again. Con qualche modifica al layout, probabilmente, dipende se c’è qualche nuovo layout interessante. Sto anche valutando l’ipotesi di fare un “Format Blog:” e ripartire da zero, usando un approccio differente, magari più generale ed un stile molto meno rigido e più “naturale”, un po’ come nei post “di svago” come quelli che scrivevo mentre ero in fase notte o quello totalmente “idiota” sullo shopping.

 

Non so ancora bene come rimodellare il tutto, devo pensarci con calma. Potrebbe anche darsi che dato il bacino d’argomenti allargato possa chiudere definitivamente questo ed aprirne un altro un po’ meno “Zio Name-istico” e più “Emanuele-istico”.

 

Well, nerdamente Vostro,

Zio Name

 

It’s here.

Pubblicato: dicembre 22, 2012 in Uncategorized

Cosa?

Semplice, la chiusura del blog. Yep. Son serio.

C’è un’intera serie di motivazioni he non sto a spiegarvi, più o meno personali, ma vi posso dire una: ho finito la fantasia. Non ho più voglia di scrivere recensioni o di scrivere pipponi.

È stato interessante ed anche divertente finché è durato.

Vi saluto con questa:

See You Space Cowboys…

It’s coming…

Pubblicato: novembre 15, 2012 in Videogames
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It’s coming…

Qualche giorno fa, leggendo una recensione di Xenoblade che era piuttosto “fuori dal coro”, per la precisione quella di videogame.it, ho iniziato a riflettere, perché quella riflessione è stato un forte stimolo al riguardo. Premetto che quanto scriverò è puramente un punto di vista, anche perché, seppur ho giocato un gran numero di jRPG, sono praticamente rimasto all’oscuro della generazione attuale, se non per un paio di “occhiate” con The Last Remnant (in gioco adesso) e Eternal Sonata (a scrocco, versione 360) per quanto concerne le home console, mentre le due portatili della ormai “passata” generazione (PSP e DS) le ho praticamente spolpate, giocando di tutto e di più.

 

Un po’ di storia

Torniamo indietro nel tempo, per la precisione a quando il genere stava diventando un genere di “massa” in Giappone. Ovviamente mi riferisco all’ascesa di Dragon Quest e Final Fantasy. Se andiamo a vedere il jRPG medio di quel periodo, ci troviamo davanti a dei prodotti compatti, lineari e generalmente privi di attività secondarie, se non per un paio di sparute quest, generalmente legate alla trama ed al mondo di gioco. Prendendo due esempi “estremi”, abbiamo Dragon Quest I & II, totalmente privi di side quest, oppure gli Ys, che altro non sono che una “linea retta” dall’inizio alla fine, che segue, per citare il recensore di videogame.it, i bisogni dei protagonisti. Andando avanti nel tempo, troviamo una sempre maggior incidenza delle side quest, più o meno necessarie e più o meno invasive, fino ad arrivare a dei casi “estremi” come Dragon Quest IX, Xenoblade (leggendo sia quella recensione che i pareri di varie persone su altri forum, la mole di side quest è impressionante) ed anche The Last Remnant.

 

La situazione attuale

Penso che oggi come oggi si possa dire senza troppi problemi che molti jRPG vengono infarciti di quest su quest per coprire delle carenze nel succo del gioco in se, che ricordo essere quello di raccontare una storia negli jRPG. Abbiamo assistito ad una crescita nelle tipologie di quest: fetch quest, kill [random number] monsters quest, secret boss quest, talking quest, ecc… molte delle quali prive di attinenza con la storia, il mondo di gioco e così via, ma inserite puramente come “riempitivo”, per allungare il brodo. Ormai, almeno stando al mio “bagaglio culturale”, gli jRPG story driven, con quest attinenti alla trama e/o ai personaggi li conto sulla punta delle dita. In tutti gli altri casi non sono altro che un modo per mascherare del grinding o infilare dei personaggi extra che non hanno influenza minima sulla trama (esempio: i Leader Unici di The Last Remnant, che sono si più potenti delle unità random standard, ma prenderli o non prenderli non ha la minima influenza nel grande ingranaggio della trama).

 

Il mio punto di vista

Devo essere sincero, a me ogni tanto piace mettermi li, staccare il cervello e stare a fare quest su quest “così per”, in un certo senso. Tuttavia, una cosa che non sopporto è il modo in cui spesso le quest sono inserite nel contesto. Quest con un “time limit” senza senso, quest che cozzano con il bisogno dei personaggi e della trama, il classico “calderone” di quest da fine gioco, del tipo “Ehi, la Meteora invocata da Sephiroth sta per schiantarsi sul pianeta, ma fregatene, prenditi pure del tempo per sclerare dietro al breeding dei chocobo, spendere vagonate di Gil al Gold Saucer per ottenere oggetti che nel 90% dei casi non ti serviranno ma chissene, visitare dungeon MAI nominati in tutto il gioco, farti fare il culo dai due superboss e così via”.

Un OTTIMO metodo di infilare delle Side Quest (sia attinenti alla trama, sia al setting), l’ho trovato in Mana Khemia, ed è dovuto alla sua struttura a periodi, offrendo dei periodi dove potersi dedicare a cose extra senza che questo influisca sulla trama o sui bisogni dei personaggi, anche perché rispecchia un po’ la realtà. Faccio un esempio per spiegarmi: da piccolo, quando andavo a scuola (elementari e medie), tendevo a preavanzarmi sempre, così da aver maggior tempo libero per fare quello che volevo. Mana Khemia sfrutta un concetto simile: se ti comporti come devi, soddisfando prima i bisogni narrativi, ti premiamo con del tempo libero che puoi sfruttare come preferisci: vuoi cercare dei lavoretti per qualche soldo in più? Puoi farlo. Vuoi andare a farmare ingredienti? Puoi. Vuoi spendere tempo a sperimentare con l’alchimia? Idem. Vuoi uscire con i tuoi amici? Puoi. Vuoi dormire per far passare il tempo e continuare la trama? Puoi.
Ci sono anche i casi in cui la trama è costruita sulle quest, ma generalmente si tratta di una categoria specifica di jRPG, quella dei dungeon crawler come Etrian Odyssey (il primo esempio che m’è venuto in mente) dove le quest principali portano avanti il canovaccio narrativo o altri casi dove le quest portano avanti la trama (Trails in the Sky) ed in quel caso non ho nulla da ridire.

Ciò che sto cercando di dire è questo: è bello offrire al giocatore libertà e tante cose da fare, ma tutto questo dev’essere fatto in maniera intelligente, specialmente se si tratta di un jRPG Story Driven, dove le quest devono essere inserite quando la narrazione lo permette, non quando capita. Riprendendo l’esempio di prima con FFVII, “sospendere” l’arrivo di una meteora per permettere al giocatore di fare quello che vuole è semplicemente assurdo. Farlo invece quando c’è una pausa narrativa, come ad esempio un “Dobbiamo fermarci in questo villaggio per qualche giorno, in attesa che arrivi l’emissario dal regno XY, spendi il tempo come preferisci” è un momento già più adatto per infilare delle quest, purché siano relative a quella zona ed a quel frangente narrativo e non qualcosa del tipo “Adesso che sei arrivato al villaggio P, puoi tornare al villaggio A per fare una fetch quest”.
Abbiamo infine il classico “post game”, dove generalmente ci si trova ad affrontare qualche super boss “delle leggende” che rispunta totalmente a caso, magari in un dungeon che spunta pure totalmente a caso. Generalmente sono un fan del post game solo in certi casi, ossia quando offre contenuti attinenti alla trama. Un esempio è quello di The World Ends With You, che offre un post game relativo alla trama con la possibilità di raccogliere dei Report che vanno ad approfondire ulteriormente la trama o quello del primo Disgaea, che senza ombra di dubbio è una grindfest di proporzioni “epiche”, ma soddisfa comunque perché offre una side story che riesce ad incastrarsi con la trama ed anche una quantità notevole di cameo provenienti da altri giochi NIS, ma che riescono ad incastrarsi comunque con il mondo di gioco.

 

Il futuro?

Non so cosa ci rivelerà il futuro. In un mondo ideale, gli sviluppatori riusciranno a trovare un equilibrio tra le necessità narrative e la necessità personale di “avercelo più grosso” proponendo il gioco più “ricco” del momento. Ma ho seri dubbi che possa succedere. Continueremo a trovarci con le due categorie di base più degli ibridi, con la bilancia che pende verso il “quest-penis”. Personalmente, mi ritengo fortunato, perché per ora ho ancora talmente tanti di quei retrojRPG da giocare che non dovrò affrontare il problema per un bel po’. Ma la domanda che mi frulla in testa è: la vostra idea/posizione al riguardo?

 

Nerdamente Vostro,

Zio Name

Prefazione:
Cosa sta passando per la mente di Level: “HOLY SHEEEEEEET! (si, è voluto. NdZio) Non ci credo D= HALLELUJAH!”

Cosa sta passando per la mia mente: L’ho riletta, non è perfetta, ma who cares. Questo passa il convento.

 

Project A09. Questo è il nome in codice del gioco, da noi conosciuto come Mana Khemia. Mana Khemia è uno dei vari titoli Gust uscito per PS2, nonché quello che m’attirava di più e che sembrava meno “inutile”. Dopo aver recuperato il porting su PSP a pochi spicci (ero ancora nella fase in cui avevo il tempo per permettermi di giocare a qualsiasi cosa che “facesse brodo”) e con relativamente poche aspettative, lo iniziai, rimanendo via via (magagne tecniche del porting a parte, ma tanto no one cares) sempre più colpito e soddisfatto dell’acquisto. Ma bando alle chiacchiere, buttiamoci nel pieno della recensione.

 

Hogwarts… Alchemy Style

La premessa del gioco è molto semplice. Il protagonista del gioco, Vayne Aurelius viene invitato ad iscriversi all’Accademia di Al-Revis per giovani e promettenti alchimisti in quanto figlio di un famoso e potente alchimista. Da qui, quella che parte come una normale storiella senza troppe pretese riesce ad evolversi pian piano in qualcosa di più complesso e ricco di sfaccettature, il tutto accompagnato da un cast di buon livello e da molteplici finali da scoprire. I dialoghi sono davvero ben scritti e spesso infarciti con qualche battuta, che non stona mai troppo e permette di sorridere un po’, ma senza risultare mai fuori posto. Insomma, nonostante le premesse molto “P3rsoni4ne” (hint) che mi portavano a presagire sventura, mi son trovato avanti ad un prodotto narrativamente valido

 

La cultura rende forti!

Il gameplay del gioco si può dividere principalmente in 4 rami principali: Battle System, Compiti ed Esplorazione, Alchimia e Sviluppo e Free Time. Andiamo ad analizzarli assieme.

Compiti ed Esplorazione: L’esplorazione all’interno dei dungeon generalmente avviene in seguito all’assegnazione di un compito durante i vari periodi scolastici. In base al tipo di compito assegnato cambierà il modo in cui ci approcceremo all’esplorazione dei dungeon, perché ogni compito riceverà una valutazione in base a come l’abbiamo eseguito. Possiamo passare da compiti senza limiti di tempo con obiettivi “infallibili” a compiti che richiedono di essere portati al termine in maniera precisa ed entro un limite di tempo prestabilito. In linea generale ci ritroveremo comunque ad esplorare varie ambientazioni raccogliendo materiali (piante, acqua, frutti, rocce, ecc…), aprendo forzieri ed affrontando nemici, che fortunatamente sarà possibile vedere a schermo ed eventualmente attaccare alle spalle od evitare.

-Battle System

Chiunque ha giocato a FFX bene o male ha già un’idea di base di com’è impostato il Battle System. In alto a destra abbiamo l’ordine dei turni, con carte che rappresentano i nostri personaggi, i nemici e slot “vuoti”. Questi slot vuoti possono essere riempiti da noi o dagli avversari con delle mosse (fisiche e magiche, ovviamente) “a tempo”, che possono ripetersi più volte fino al turno successivo o che richiedono un determinato tempo di caricamento per essere poi lanciate.
C’è la possibilità di cambiare i personaggi attivi con quelli nelle retrovie e di utilizzarli come supporto durante i nostri turni ed infine la possibilità di utilizzare mosse speciali tramite l’attivazione della Burst Mode (una sorta di Limit Break “prolungato” che offre dei boost temporanei al gruppo).
Finiti gli scontri, si ottengono denaro, oggetti (utilizzabili o materiali per l’alchimia) e AP.

Alchimia e Sviluppo: Siamo arrivati al “succo” del gameplay, ovvero l’Alchimia e la sua relazione con lo sviluppo dei personaggi. Tramite l’accesso al nostro laboratorio e alla fornace, potremo creare rispettivamente oggetti ed equipaggiamenti da far utilizzare al nostro gruppo di studenti. Potremo creare oggetti seguendo delle ricette alla lettera oppure “modificandole” per ottenere oggetti differenti o delle “idee” per crearne di più potenti o altro ancora. Inoltre, i nostri compagni ci assisteranno nella creazione degli oggetti offrendo vari bonus (ed a volte anche malus) durante la fase alchemica. Una volta creati gli oggetti, questi sbloccheranno dei nodi nel Grow Book, una “Sferografia” dove spendere i nostri AP per potenziare il gruppo sotto ogni aspetto, dall’aumento delle statistiche a nuove abilità a bonus passivi. È quindi facile vedere come l’alchimia, nella sua semplicità riesca a risultare una componente fondamentale (ma soprattutto divertente una volta che si inizia a sperimentare) del gameplay.

Free Time: In base a come svolgeremo le mansioni assegnateci durante il nostro periodo scolastico, potremo ottenere del tempo libero da investire in tre maniere differenti: farming AP/ingredienti, lavoretti da svolgere per conto degli altri studenti dell’accademia ed infine le Charachter Quest, che ci permetteranno di sviluppare in maniera attiva (capito P3/4fags?) i legami con i nostri compagni di laboratorio. In base a quanto svilupperemo i rapporti con i nostri compagni potremo sbloccare uno dei vari finali disponibili.

Quel poco che resta è classica fanfara da jRPG: compra, vendi, parla, salva, ecc…

 

The Colors and Sound of the School Life

Graficamente il gioco è Ok. Sprite 2D su fondali 3D (con roba sparsa in 2D), gradevole alla vista su PS2, un po’ meno su PSP (tutto schifosamente schiacciato alla ca**o di cane), gli effetti grafici (specialmente in battaglia) sono di buona fattura, ma qualche volta ci son problemi di collisione con lo scenario e le animazioni cappellano un po’.

A livello sonoro invece l’offerta è buona, abbiamo un buon doppiaggio in inglese accompagnato da un campionario musicale bello variegato che ben si adatta ad ogni situazione/location. Ottimi poi i battle theme, semplicemente splendidi (seppure non ai livelli del Falcom JDK o di alcuni di Sakuraba).

 

Un anno di scuola in… 30-35 ore

Mana Khemia è un gioco dalla longevità media, per finirlo senza troppi scazzi o “perdite di tempo extra” (tuttavia si considera l’aver sbloccato almeno uno dei finali tramite Free Time) si impiegano sulle 30-35 ore. Il replay Value è certamente presente, ma non essendoci alcuna sorta di New Game+ conviene fare dei salvataggi multipli verso la fine del gioco e poi guardare i vari finali affrontando solamente le fasi finali dell’avventura. Nella versione PSP è stato aggiunto un dungeon extra che porta via qualche altra oretta in più.

 

Torniamo l’anno prossimo?

Mana Khemia è stata una piacevole sorpresa. Trama semplice ma godibile, gameplay soddisfacente, comparto tecnico gradevole ed una longevità adeguata. Rimane però un titolo dedicato ad una fetta ristretta d’utenza e non al pubblico generale, in quanto è un insieme di vari “elementi” più o meno particolari che potrebbero non piacere a tutti.

 

TRAMA: 8
GAMEPLAY: 8.5
GRAFICA: 7
SONORO: 9
LONGEVITA’: 8

VOTO COMPLESSIVO: 8

PRO:
-Trama e cast gradevoli
-Gameplay parecchio soddisfacente
-Ottimo comparto sonoro

 

CONTRO:
-Il comparto grafico presenta qualche sbavatura
-Potrebbe non piacere a tutti
-Il porting su PSP non è dei migliori

 

That’s all, folks!

Nerdamente Vostro,

Zio Name

Post vacanziero

Pubblicato: luglio 24, 2012 in Scervellate varie

Yep, il blog si scrive da solo.

Che dire, dalla mia sede delle vacanze segreta (così quell’omone scortese di nome Level non mi trova), osservo e vedo tutto. Vedo come tutto bene o male per il mio “padrone” scorra in maniera praticamente perfetta. O, per essere realisti, semi perfetta.

Ha trovato la compagnia giusta, si trova da Dio, si diverte, esce, “lavora” come volontario al Centro Giovani, organizza feste (ove per feste s’intendono delle robe blande, totalmente analcoliche e più che soddisfacenti nella loro semplicità.L’unica cosa che non manca mai è la musica anni ’80), uscite e tutto.

Dopo anni da “esiliato” sociale si sta godendo l’estate come ogni persona normale. Per quanto lui e la sua combriccola possano essere “normali”. Certo, ha pure litigato con l’altra compagnia che frequentava, perché ormai ci si trovava sempre più “alieno” che qualche nervo sarebbe saltato, ma pazienza, succedono ste cose pure a lui.

E le mostre organizzate anche da lui per i laboratori del Centro Giovani, un lavorone assurdo per cui è anche stato ringraziato pubblicamente e si stava semi nascondendo dalla vergogna. Sta seriamente pensando di continuare su questo percorso da volontario a tempo pieno, magari trovandone uno sbocco lavorativo in futuro. Puramente a livello d’ufficio/organizzativo, anche perché grazie a dio non servono animatori o altro. Ma la cosa che sicuramente gli fa più piacere è che avendo acquistato fiducia con i due responsabili, ha accesso alle chiavi e di conseguenza al frigo del bar ed alla macchinetta del caffè, il che vuol dire bere aggratis (o acqua naturale o caffè, ma sempre roba gratis è).

Ma più di tutto, è sicuramente soddisfatto sul piano emotivo. Dopo anni d’eremitaggio sentimentale dovuti sia a fattori esterni che alla sua stupidità (è una storia lunga che magari mi terrò per un’altra volta, chissà) è finalmente riuscito ad uscire dal guscio e a trovare una ragazza che se l’è preso così con tutto il pacchetto, senza cavilli e/o altro. Così com’è: un epilettico ad orologeria che potrebbe esplodere ovunque, un “malato mentale” che fino a qualche anno fa riempiva i quaderni con “schede personali e psicologiche” delle persone che conosceva, che la prima cosa che fa ti psicanalizza, ti sbatte in faccia tutti i suoi difetti, freddo, cinico e distaccato. La cosa che più mi diverte è che guardandoli da fuori non penseresti mai “Quei due stanno assieme”, perché sembrano al massimo dei conoscenti stretti, nemmeno amici. Ma ancor di più mi fa ridere il fatto che a novembre, quando si conobbero, nessuno dei due avrebbe scommesso un centesimo su una possibile relazione. Ma se questo rende contenti entrambe le parti, ben venga, se poi va male… Beh, cazzi loro, io sono in vacanza e sono un blog, non posso risolvere ste cose.

Per quanto concerne me… Non so. Potrbbe darsi che il capo mi molli qui per sempre a marcire o che mi riprenda su appena torno dalle ferie. Chi lo sa, dipende tutto da lui. Ma è già un buon segno che stia nerdando come un pazzo con KH DDD, magari prende di nuovo su Xenosaga III e Soul Nomad molto presto.
Voci di corridoio (io vedo e sento tutto, ricordatevelo) dicono che si sia messo a lavorare su quel blog secondario da dedicare a tutto un po’, anche se con molta probabilità troveremo principalmente articoli sul cinema e sulla musica (anni ’70-’80, ovviamente). Potrebbe persino smettere di fare qui i post di vita quotidiana e relegarmi a semplice blog sui videogames. Chissà.

Bello abbronzato,

Il vostro blog.

Chiuso… Per ferie.

Pubblicato: luglio 16, 2012 in Uncategorized

E prima che chiediate perché…

Because fuck you, that’s why.

Nerdamente Vostro,

Zio Name

Good things come to those who wait

Pubblicato: giugno 25, 2012 in Uncategorized

Good things come to those who wait.

Ok, siccome è un po’ di tempo che non aggiorno i miei progressi su KH II Final Mix (devo ammettere che ultimamente non ho nemmeno troppa voglia di scrivere papiri che non siano post riflessivi o recensioni… A tal proposito, quella di Xenosaga Ep. I in linea di massima entro domenica sera).

Tornando alla mia “maratona”, la seconda metà del gioco è stata relativamente rapida ed indolore, andavo attraverso i mondi a caso, come più mi andava senza calcolare minimamente il Battle Level. Completati tutti i mondi ed affrontato Roxas al Memory Skyscraper (battaglia schifosamente epica ed onirica), son uscito dal mondo che non esiste ed ho finito le varie robe in sospeso qui e la, come le coppe nell’oltretomba, la raccolta dei pezzi dei puzzle, missioni secondarie come Skateboard, Struggle, ecc…

Poi dopo aver livellato le Form, ho finito il gioco e creato il Clear Data. Caricando il Clear Data ho “sbloccato” i nuovi contenuti del gioco, ossia la Cavern of Remembrance (ad essere onesti, era già disponibile da prima, ma volevo un post game un po’ più corposo) ed il Lingering Sentiment. Completata la Cavern of Remembrance (che imho vale da sola il prezzo del biglietto), ho sbloccato l’accesso alle sfide con i Data Boss, che ho affrontato (non senza over 9,000 Game Over nel mentre), ed ho iniziato i vari tentativi con il Lingering Sentiment. Inutile dire che anche con i migliori equipaggiamenti addosso (Ultima Weapon, Fiocchi, ecc…) le prendo brutalmente, e quindi, dopo essermi brutalmente rotto il cazzo alla over 90,000 sconfitta, ho deciso di archiviare il gioco così com’è perché a parte quello e 2 Funghi non mi manca nulla, è completato.

Domani probabilmente parto con Days… Facendo un paio di conti… entro il 10 di giugno dovrei riuscire a finirlo se magari sacrifico quelle 2-3 orette di Tales of Innocence nel corso dei prossimi 11 giorni.

Ci siamo, finalmente eccola qui, la recensione di Kingdom Hearts. Ho pensato molto a come gestire questa recensione (ed è anche questa la causa principale del ritardo nella pubblicazione), perché una parte di me voleva utilizzare il vecchio stile “da testata giornalistica”, l’altra parte di me vuole utilizzare il nuovo stile, quello maggiormente personale e libero. Gira e rigira dopo aver scritto due versioni della recensione ho preso pezzi qui e là, è nato un mix dei due che spero riesca ad accontentare tutti.

 

Kingdom Hearts nasce come collaborazione tra Squaresoft e Disney, proponendo un mix che unisce la maestria della Software House giapponese nel greare jRPG al magico universo Disney. Presentato all’E3 2001, il gioco ha raggiunto gli scaffali di tutto il globo nel 2002, ottenendo successo internazionale di critica e pubblico e generando una saga che a modo suo ha diviso la comunità degli amanti del genere. Andiamo quindi ad analizzare assieme il primo capitolo della saga, l’origine di tutto.

 

This World has been connected…

Il gioco ci mette nei panni di Sora, un giovane ragazzo che vive nelle Destiny Islands assieme ai suoi amici Riku e Kairi, passando le giornate a giocare e a sognare di esplorare altri mondi. La notte prima della partenza sulla loro zattera una calamità si abbatte sulle loro isole, misteriose creature appaiono dall’oscurità e Sora diventa il portatore del Keyblade una misteriosa arma capace di sconfiggere le oscure creature che lo minacciano. Separato dai suoi amici durante gli eventi se seguono, si ritrova in un altro mondo dove scoprirà nuovi dettagli sulla minaccia incombente e grazie all’aiuto di alcuni dei personaggi Square ed assieme a Pippo e Paperino, le guardie di Re Topolino parte per proteggere i vari mondi dai pericolosi Hearless e nel frattempo cercare i suoi amici più cari. Da qui la trama si evolve in maniera abbastanza lineare e continua passando da mondo in mondo (quasi tutti ispirati a differenti opere della Disney, da Alice nel Paese delle Meraviglie ad Agrabah fino ad Halloween Town da “The Nightmare before Christmas” fino ad arrivare con all’immancabile scontro finale con il colpevole di tutto.

Dopo una breve descrizione dell’incipit passiamo ora all’analisi della trama dal mio personalissimo punto di vista. Kingdom hearts va vissuto per quello che è, ossia una sorta di fiaba con tutti i temi ed i cliché del genere. È inutile negare la monodimensionalità del cast, ma tutto passa in secondo piano quando ci si lascia trasportare dalla narrazione e dalla nostalgia nel rivedere i mondi dei propri cartoni animati preferiti dell’infanzia.  L’unica “nota negativa” che mi sento di muovere riguarda principalmente l’aver lasciato volutamente il finale aperto, perché in caso di floppata mondiale, il franchise avrebbe finito di esistere, lasciando alcune domande (nulla di troppo importante o grave) senza risposta. Ma tuttosommato, anche a 4 anni di distanza dalla prima partita, mi sono piacevolmente goduto la storia, e ciò basta farmi promuovere l’aspetto narrativo del gioco.

 

KH Rev IMG 1

Bella neh?

 

Swing that key all around

Kingdom Hearts è un Action RPG con leggerissime (ma generalmente ben strutturate) fasi di platforming. Come tale il gioco presenta dei comandi semplici e di rapido apprendimento ed utilizzo, ma starà a noi capire come sfruttarli al meglio. Ma Sora non si limiterà a riempire di mazzate i nemici, perché in puro stile Squaresoft, il gioco è stato arricchito da tutta una serie di feature provenienti direttamente dai classici titoli della Software House: Magie con più livelli, Evocazioni, Abilità, Equipaggiamenti e quant’altro. Il Party attivo è generalmente composto da 3 personaggi (la maggior parte del tempo si tratta di Sora, Pippo e Paperino, ma in base al mondo che visiteremo, il relativo protagonista potrà unirsi al gruppo per menare le mani). Ogni personaggio si specializza principalmente nell’utilizzo di tecniche fisiche o magiche, elemento che spinge il giocatore a sperimentare eventuali combinazioni di party in base al mondo. Il livello di difficoltà è equilibrato (sono presenti due livelli di difficoltà) e le Boss Battle richiedono spesso determinate strategie per poter sconfiggere il boss. I personaggi ricevono punti esperienza per ogni nemico sconfitto e di conseguenza salgono di livello, aumentando le proprie statistiche ed apprendendo nuove abilità. Di carne al fuoco, per essere un semplice Action RPG ce n’è abbastanza per accontentare tutti.

Ok, dopo la manfrina tecnica, torniamo sul godimento del sottoscritto. KH, un po’ come il 90% degli jRPG soffre dei classici del genere: il protagonista è infinitamente più forte degli altri in quanto è il classico “Tuttofare”, salvo una o due sezioni, cambiare party non è minimamente necessario perché Pippo e Paperino bastano ed avanzano. Il gioco offre una notevole quantità di abilità, ma alla fine si ricorre ad attivare sempre le stesse su tutti i personaggi e ad ignorare un buon 3/4 del tempo a meno di non dedicarsi ad attività specifiche che ne richiedono l’utilizzo come la sintesi, che può richiedere più tempo per quanto concerne la raccolta degli oggetti se le abilità relative non sono attivate. Come accennato nel paragrafo precedente, la difficoltà media è equilibrata, ma per un buon 90% del gioco si può andare avanti premendo X a manetta, intervallandolo di tanto in tanto con una parata ed una schivata, e in determinati casi, si finisce per spammare Thundaga a manetta per eliminare numerosi gruppi di Heartless in un unico colpo, rendendo di fatto “difficili” solo alcuni boss durante tutta la durata della storyline. Ma nonostante tutte le magagne da “jRPG 101”, mi son divertito parecchio a giocare e a menar fendenti col Keyblade. MA c’è un grossissimo problema con il gioco, ossia la telecamera. Spesso e volentieri, specialmente durante le fasi in cui sfrutteremo il lock on su un particolare nemico, la telecamera sarà “dalla parte del nemico”, ostacolando la visione della zona circostante, causando quindi l’inabilità a difendersi dai colpi nemici che non abbiamo potuto veder arrivare. Per non parlare delle fasi platform, a volte rese quasi imposibili proprio a causa della telecamera.

A conti fatti, un prodotto godibile, ma ancora grezzo e migliorabile sotto vari aspetti.

 

KH Rev IMG 2

Una situazione tranquilla di tanto in tanto ci vuole.

 

Un mondo colorato e musicale

Questo paragrafo sarà piuttosto breve, perché bene o male la mia opinione concorda con quella generale della stampa, indi non ha senso fare due paragrafi.

KH è un gioco che al tempo dell’uscita faceva sicuramente la sua porca figura, seppur graficamente ci fosse di meglio. Ma poco importa perché anche se KH mostra meno poligoni di un FFX, la resa generale è ottima. Modelli poligonali dettagliati rappresentano i numerosi personaggi che andremo ad incontrare, ma la cosa più sorprendente è la loro fedeltà ai loro “originali” delle rispettive opere Disney. Buoni anche i modelli dei nemici che presentano pochissime reskin. Buone le animazioni, anche se in alcuni casi risultano un po’ legnose. Di buon livello anche le ambientazioni, sia quelle originali, sia quelle che riproducono i mondi Disney. Va però segnalato che in alcuni casi le ambientazioni sono un pelino spoglie, ma nulla di particolarmente grave.

È d’obbligo sottolineare come il gioco sia invecchiato bene nonostante siano ormai passati 10 anni dal suo rilascio.

Il comparto sonoro, assegnato principalmente a Yoko Shimomura è di ottimo livello, con brani differenti per ogni mondo, a volte creati nuovi di zecca con chiara ispirazione alle musiche originali ed in altri casi dei riarrangiamenti di brani già esistenti della Disney. Battle Theme spesso azzeccati e acattivanti, che ben accompagnano le arie battaglie che dovremo affrontare. Ottima l’esecuzione del Main Theme del gioco, Simple and Clean, eseguita da Utada Hikaru. Conclude il cerchio un ottimo doppiaggio.

 

Il giro dei mondi in 30 ore

Kingdom Hearts è un gioco dalla buona longevità. Una partita può occupare in media dalle 25 alle 35 ore per la storia principale (nota: per storia principale intendo chiudere tutte le serrature) e dedicarsi alle side quest (non moltissime, a dire il vero), può aggiungere un monte ore che varia dalle 5 alle 10 ore in base all’approccio del giocatore.

In questa mia seconda partita, nonostante l’aver giocato alla difficoltà elevata, ha sicuramente influito il conoscere già il modo per proseguire abbastanza rapidamente attraverso i mondi e son riuscito a completare tutto (con tanto di crafting e livellamento al 100) nel giro di 34 ore e qualcosa, ma son comunque state 34 ore belle piene che non si son fatte sentire minimamente.

 

KH Rev IMG 3

We have a badass over there.

 

The Door leads to… promotion.

Tirando le somme, KH è un buon prodotto aperto ad ogni tipologia di giocatore, capace di affascinare l’utenza grazie all’unione dei due colossi che hanno permesso la sua creazione. Un’avventura che m’è piaciuto vivere per la prima volta anni fa e rivivere nuovamente di recente. Non è perfetto, ma è un’ottimo punto di partenza per la saga.

 

TRAMA: 8.5
GAMEPLAY: 8
GRAFICA: 8.5
SONORO: 9
LONGEVITA’: 8

 

VOTO COMPLESSIVO: 8.5

 

That’s all Folks. Alla prossima (probabilmente KH Re:Chain of Memories)

Nerdamente Vostro,

Zio Name

P.S.: Feedback sul “mix” di stili sarebbe gradito, nel caso vogliate commentarlo.